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Dedollarizzazione

11 months ago

Seamus Lyons, CFA,

Seamus Lyons, CFA,
Senior Investment Manager

Dedollarizzazione

Anche se è il dollaro considerato da molti come la valuta rifugio per eccellenza, le turbolenze globali e le tensioni geopolitiche degli ultimi anni hanno suscitato un’ondata di interrogativi sulla sua posizione dominante. Una situazione che ha spinto molti a prevedere una tendenza alla “dedollarizzazione”, alla luce della minore dipendenza di varie economie dal potente biglietto verde. In questa sede, esamineremo la posizione del dollaro come valuta di riserva globale, per vedere se questa tendenza è reale. E cercheremo di individuare le valute pronte a candidarsi come concorrenti più probabili, qualora il predominio del dollaro dovesse davvero affievolirsi.

Predominio globale

Negli ultimi 80 anni, il dollaro USA ha occupato la posizione di valuta di riserva globale, dominando il sistema dei pagamenti internazionali. Essendo al servizio della più grande economia del mondo, con il 25% del PIL globale nel 2022, forse non sorprende che la valuta degli Stati Uniti occupi questa posizione. Il dollaro rappresenta il 58% delle riserve delle banche centrali mondiali. La valuta domina inoltre i mercati valutari e obbligazionari mondiali, alimentando un circolo virtuoso di domanda del biglietto verde.

Aria di cambiamento

Negli ultimi decenni, sono tuttavia emerse tendenze che potrebbero mettere in discussione la preminenza del dollaro. La creazione dell’Unione Europea ha dato vita a un importante blocco commerciale, che lo scorso anno ha rappresentato oltre il 16% del PIL mondiale. Anche l’ascesa della Cina come superpotenza economica, che oggi detiene il 18% del PIL mondiale, potrebbe rappresentare una sfida significativa.

L’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni commerciali hanno dato uno scossone al sistema commerciale globale. La Cina e l’India, entrambi grandi importatori, hanno continuato ad acquistare petrolio e altre materie prime dalla Russia, senza necessitare che le transazioni fossero denominate in dollari. D’altra parte, la Cina ha recentemente intavolato colloqui con l’Arabia Saudita per pagare le transazioni petrolifere in renminbi.

Inoltre, nelle ultime settimane, la minaccia rappresentata dallo stallo sul tetto del debito pubblico statunitense, con il rischio di un default dei pagamenti, potrebbe intaccare lo status di bene rifugio del dollaro. È probabile che tale eventuale default accelererebbe il passaggio alla dedollarizzazione.

Le aspiranti valute di riserva

Nella classifica delle valute di riserva, il dollaro è tallonato dall’euro, dallo yen e dal renminbi. L’euro è il concorrente più vicino, con il 20%, mentre le quote dello yen e del renminbi restano a una cifra. Come spiegare il persistere di queste disparità? Un indizio può essere ricercato nei mercati dei capitali. I mercati degli Stati Uniti e dell’Europa sono particolarmente accessibili e ben regolamentati, senza vincoli sui capitali, e questo li rende molto interessanti per gli investitori internazionali.

E per quanto riguarda il commercio...

La Cina è il più grande esportatore del mondo e quindi un grande protagonista del commercio globale. Di recente, è stato riportato che la quota del renminbi nel mercato dei finanziamenti commerciali è raddoppiata, attestandosi al 4,5%. Il renminbi si colloca così subito dopo l’euro. Il dollaro rappresenta circa l’80% dei finanziamenti commerciali globali e la metà di tutto il fatturato commerciale. Tuttavia, la Cina ha ormai raggiunto una quota del 15% del commercio globale di merci e si prevede che la posizione del renminbi progredirà costantemente.

Architas view

Il nostro punto di vista

Nonostante i recenti sviluppi nel commercio globale, la posizione del dollaro è sempre sostenuta dalla sua enorme liquidità e dall’apertura del sistema commerciale statunitense. Ciò indica che il predominio del biglietto verde nel commercio globale e nelle riserve sembra destinato a continuare nel medio termine.

Tuttavia, mai dire mai. Soprattutto se si pensa che la sterlina britannica occupava la stessa posizione dominante meno di un secolo fa. La fiducia nella valuta statunitense potrebbe essere intaccata da episodi interni, come la crisi bancaria regionale e i negoziati sul tetto del debito federale. È difficile prevedere altre e più grandi minacce, anche se una più estesa accettazione delle criptovalute potrebbe un giorno rivestire un ruolo importante.

Noi di Architas tendiamo a non assumere posizioni significative in valuta estera nei nostri portafogli, poiché non vogliamo rinunciare a possibili rendimenti a causa delle fluttuazioni valutarie. Anche se operare attivamente sulle valute estere può offrire un piccolo effetto di diversificazione, puntiamo a costituire un portafoglio diversificato tra le altre maggiori classi di attivo per gestire la volatilità dei mercati.

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